Pochi sanno che l’avaro più famoso del mondo (dopo quello di Molière) è servito da ispirazione per creare la figura del “papero più ricco del mondo”.
Ma andiamo con ordine.
Nella seconda metà dell’800 Charles Dickens regalò al mondo il suo racconto più celebre: “A Christmas Carol” e disegnò con la fantasia la figura di un uomo avarissimo, talmente attaccato al profitto da perdere di vista la vita. Un uomo che si priva di tutto pur di veder crescere la sua mole di denaro: Ebenezer Scrooge.
Proprio da questo personaggio Carl Barks (1901 – 2000), fumettista statunitense, considerato “l’Uomo dei Paperi” uno dei più grandi maestri della storia del fumetto, nel 1947 crea il personaggio di Scrooge McDuck (Paperon de Paperoni, lo Zio Paperone in Italia), ricchissimo fratello della madre del più conosciuto Paperino.
Ma mentre Lo Scrooge di Dickens è il protagonista di una presa di coscienza che ha il sapore della redenzione (che incontriamo spesso nei romanzi di fine ‘800), Zio Paperone invece in tutte le sue rappresentazioni mantiene un comportamento oscillante fra l’avarizia assoluta e la generosità. Paperone infatti è il discendente di un clan scozzese caduto in disgrazia, ha patito la fame e ha sudato ogni centesimo del suo deposito, ed è determinato a difenderlo con ogni mezzo.
Le due visioni dell’avarizia, quella di Dickens e quella di Barks si scontrano (incontrano?) però in un lungometraggio firmato dalla Disney del 1983: “Canto di Natale di Topolino” (Mickey’s Christmas Carol) che viene riproposto spesso in televisione nei giorni che precedono il Natale.
H!
(nell’immagine i due avari a confronto: Ebenezer Scrooge e Scrooge McDuck)