“Aladino e la lampada meravigliosa” è uno dei più celebri racconti de “Le mille e una notte”, però pur essendo il racconto più conosciuto non compare nell’edizione originale della raccolta.
All’inizio del 1700 in Francia, un archeologo orientalista, Antoine Galland, entra in possesso di una serie di novelle orientali che traduce (con aggiunte e adattamenti personali) contribuendo così alla loro divulgazione nella raccolta “Le mille e una notte” (prima edizione: 1704).
Ovviamente il successo, in Francia prima e in Europa in seguito, fu immediato (complice anche la moda dell’orientalismo che si stava espandendo in occidente), tanto che altre edizioni dell’opera furono ristampate e ampliate fino al 1717.
Diversi studiosi del testo oggi ritengono che Galland abbia aggiunto molto di sé alle novelle: la figura di Sherazade era ispirata ad una contessa e alcune storie sono state addolcite a favore di un gusto più occidentale.
Pertanto gli stessi studiosi ritengono che l’orientalista si sia addentrato così bene nella cultura popolare e romanzesca orientale che aggiunse un racconto scritto di suo pugno alle tante novelle dell’opera: “Aladino e la lampada Meravigliosa” (1710), anche se lui quando era ancora in vita si affrettò a confermare che quella storia gli era stata raccontata da un cantastorie arabo di Aleppo.
Indubbiamente la vicenda di Aladino ha molti punti in comune con le novelle occidentali, i nomi dei personaggi sono semplici, c’è l’oggetto magico, c’è il genio (fata?) che aiuta il protagonista… poi la narrazione è più fluida meno “incastonata” come le altre storie de “Le mille e una notte”.
Però sarebbe veramente singolare se la storia orientale più famosa del mondo fosse stata scritta da un occidentale.
H!